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gruppo alpini di sandigliano (BI) e coro La Ceseta


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Monte Cengio

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LA BATTAGLIA DEL MONTE CENGIO
( ARTICOLO TRATTO DAL SITO WWW.GRANATIERI DI SARDEGNA.IT )

Nel maggio 1916 sull’Altopiano di Asiago si trovavano di contro:
il gruppo degli Eserciti dell’arciduca Eugenio, con le Armate 11^ (Danke) e 3^ (von Kovess), centottantanove battaglioni e duecento cannoni, comandante in capo von Conrad, da una parte e la 1^ Armata italiana (generale Pecori Giraldi) con centocinquantacinque battaglioni e settecentosettantacinque cannoni, comandante in capo il generale Luigi Cadorna, dall’altra.
Dopo una prima fase (15-20 maggio) svoltasi tra Val Lagarina e Val d’Astico, che aveva provocato una inflessione dello schieramento italiano fino al Pasubio, a Novegno e ad Arsiero, il III Corpo d’Armata austriaco (Krautwald) aveva iniziato la seconda fase dell’offensiva contro la 34^ Divisione italiana (generale Angeli), costringendola a ripiegare fino al margine dell’Altopiano, dove però lo schieramento italiano, anche in virtù dei rinforzi fatti affluire, sarebbe riuscito a resistere fino al 1 0 giugno.
Fu proprio nella fase cruciale dell’offensiva austriaca, la famosa “Strafexpedition”, la spedizione punitiva che richiese al nostro esercito un immenso sforzo di difesa prima e poi di attacco, che la Brigata Granatieri di Sardegna, al comando del generale Giuseppe Pennella, venne fatta affluire sulla linea tra Monte Cengio, Monte Belmonte (dove stabilì il comando), Cesuna e Magna Boschi, rinforzata da un battaglione di complementi del 1° Reggimento, ultima riserva disponibile inviata dal Deposito in Roma con treno direttissimo.
I primi violenti e sanguinosi scontri si ebbero il 30 maggio, anzitutto quello dell’attacco a forte di Punta Corbin a Malga del Costo, condotto dal III Battaglione del 2° Reggimento (tenente colonnello Camera): un attacco segnato purtroppo da gravi perdite, nel quale lo stesso tenente colonnello Camera restò gravemente ferito, venendo tratto in salvo dal sergente Menegon, i capitani Tonini e Visdomini caddero uccisi, il sottotenente triestino Carlo Stuparich accerchiato dopo strenua lotta si diede la morte per non cadere in mano austriaca, il sottotenente Luigi Lega riuscì a svincolarsi a stento con i suoi dalla stretta nemica.
E forti perdite provocò anche lo scontro che dopo violenti bombardamenti avvenne sul fronte Treschè-Conca-Cesuna, dove per evitare lo sfondamento lo stesso generale Pennella si pose alla testa di tre compagnie del 2° Reggimento (la 6^, la 7^ e l’8^) prelevate dalla riserva per aiutare le compagnie del 1° Reggimento (la 1^, la 2^, la 3^, la 4^ e l’8^) ridotte ormai ad un terzo dei loro effettivi.
Il 31 maggio gli austriaci tentarono una imboscata nell’avvallamento tra Monte Barco e Monte Cengio, dove una loro colonna avanzò cercando di apparire come nostra truppa di rinforzo: inganno sventato dal sacrificio di una nostra vedetta e risoltosi in un violento corpo a corpo alla baionetta, durante il quale, tra gli altri, restò ferito il capitano Damiani mentre il sottotenente triestino Giovanni Stuparich, fratello di Carlo del quale s’è appena detto, fu accerchiato e catturato dagli austriaci.
Contemporaneamente, nella zona di Monte Belmonte, dov’era il Battaglione Anfossi, il sottotenente Nicola Nisco si immolava mentre incitava i suoi granatieri a resistere ad ogni intimazione di resa.
Il 3 giugno il nemico attaccò le postazioni nella zona di Cesuna dove si trovava, con altri reparti, il I Battaglione del 1° Reggimento al comando del tenente colonnello Ugo Bignami, e lo fece dopo un intenso micidiale fuoco di artiglieria. Sul fronte, lungo tre chilometri e mezzo, i vari reparti cercarono faticosamente di contenere la pressione avversaria. Una compagnia che stava per essere sopraffatta continuò a resistere dopo che il granatiere Alfonso Samoggia, inviato a chiedere rinforzi e saputo che non ce n’erano, tornò al reparto gravemente ferito e prima di spirare disse al proprio ufficiale, sottotenente Giuseppe Verdecchia, la sua “sublime bugia”: “Tenente, i rinforzi son qui, resistete fino alla morte”.
Lo stesso tenente colonnello Bignami, rimasto a Cesuna con pochi superstiti, sparando col moschetto si pose all’imbocco della caverna già colma di feriti, fino a che venne catturato mentre il sottotenente Teodoro Capocci, che gli combatteva a fianco, cadeva ai suoi piedi crivellato di colpi.
Il 3 giugno il nemico attaccò anche le posizioni del Cengio con grande superiorità di mezzi, ed i granatieri, esaurite le munizioni, adoperarono i fucili come mazze, e combatterono oltre ogni possibilità umana. Addirittura ingaggiarono con gli assalitori un corpo a corpo furioso, tanto da finire, avvinghiato ognuno ad un nemico, con il precipitare dal dirupo sul fondo di Val d’Astico, e la località s’è chiamata da allora “Salto del Granatiere”. Lo stesso comandante della posizione, capitano Federico Morozzo della Rocca, rifiutato di arrendersi, fu fatto prigioniero.
Quando, dopo un altro scontro sostenuto sull’estrema destra dello schieramento, particolarmente dai battaglioni al comando dei maggiori Rossi e Scappucci, la Brigata rientrò a Marostica, dei seimila suoi uomini restavano superstiti soltanto milletrecento.
Venne scritto che il valore dei Granatieri era stato, in tutte le battaglie dell’Altipiano, “leggendario”. La Brigata venne per la terza volta citata nel “Bollettino di Guerra”, n. 374 del 3 giugno 1916. Il Capo di Stato Maggiore generale Cadorna ebbe “vibranti espressioni di esaltazione della virtù dei Granatieri”; ed il generale Pennella, nel trasmettere ai reparti tale plauso, assicurò che “dai resti gloriosi della Brigata che compì gli eroismi di Monte Cengio, di Treschè e di Belmonte, risorgerà presto la forza e l’impeto tradizionale dei granatieri”, avvertendo che si sarebbe presto tornati “a percuotere indomiti il tracotante nemico” e che “bisogna attaccare sempre, senza posa. Non si vince senza attaccare”.
Fu proprio in virtù di questa resistenza che la Strafexpedition fallì: per cui il 4 giugno il generale Cadorna potette comunicare al Comando della 1^ Armata che “la situazione generale consentiva di riprendere l’iniziativa delle operazioni”.
Offensiva che infatti venne ripresa il 16 giugno da parte del XX Corpo d’Armata, al comando del generale Mambretti, e si sarebbe sviluppata fino al 10 agosto, quando il nemico sarebbe stato costretto alla ritirata.

Raccolta fotografica Monte Cengio (agosto 2012)

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